Pordenone (lunedì, 30 giugno 2025) – Scoppia la bufera su Confindustria Alto Adriatico: dopo quasi due anni, sventola ancora la bandiera di Israele all’ingresso della sede di palazzo Klefish, a Pordenone. Un gesto che oggi, alla luce dell’emergenza umanitaria a Gaza, viene duramente contestato dalla lista civica Il Bene Comune, che ne chiede la rimozione immediata.
di Monia Settimi
Il vessillo era stato issato nei giorni successivi all’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, come segnale di vicinanza allo Stato israeliano. Ma ora, di fronte a una guerra che ha lasciato migliaia di civili palestinesi uccisi, con bombardamenti continui e aiuti umanitari bloccati, quella bandiera viene vista come un simbolo di posizionamento politico, e non più come semplice solidarietà.
La lista civica non usa mezzi termini. Definisce la scelta di Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, una presa di posizione in favore di uno Stato che accusa di crimini di guerra, occupazione militare e addirittura di una “azione genocidaria contro il popolo palestinese”.
Ma le critiche non si fermano al vessillo. Nel mirino finiscono anche le recenti dichiarazioni di Agrusti che, intervenendo sui media locali, ha accusato Coop Consumatori di “antisemitismo mascherato” per aver ritirato alcuni prodotti israeliani dai punti vendita in segno di solidarietà con la Palestina. Un commento che, secondo Il Bene Comune, mostra un allineamento “filosionista estremo” e fuori luogo per un rappresentante di categoria.
“Chi rappresenta davvero Confindustria Alto Adriatico?”, si chiede la lista civica. “Esistono imprenditori e imprenditrici che si riconoscono in questi messaggi o c’è chi vuole prendere le distanze da questa deriva?”.
Nel loro comunicato, i rappresentanti di Il Bene Comune lanciano sei richieste concrete:
- Togliere subito la bandiera israeliana dalla sede di Confindustria.
- Condannare esplicitamente il genocidio in corso a Gaza.
- Aprire corridoi umanitari indipendenti, fuori dal controllo USA e Israele.
- Applicare le risoluzioni ONU e le sentenze della giustizia internazionale.
- Bloccare immediatamente l’invio di armi allo Stato israeliano.
- Ritirare i coloni israeliani dai territori palestinesi occupati in Cisgiordania.
“Restare in silenzio di fronte all’ingiustizia significa esserne complici. E oggi, più che mai, la Palestina ha bisogno di voci libere, coraggiose, solidali”, si legge nella nota conclusiva.
La vicenda ha acceso il dibattito cittadino e rischia di diventare un caso nazionale. Intanto, quella bandiera resta lì. Ma per quanto ancora?
Last modified: Giugno 30, 2025