Pordenone (venerdì, 23 maggio 2025) – La caccia alla verità sul caso Unabomber si fa sempre più complessa e il tempo stringe. La Procura di Trieste ha concesso altri 60 giorni per completare la perizia genetica decisiva, ma il nuovo slittamento rischia di compromettere l’intera inchiesta: quasi tutti gli attentati contestati stanno cadendo in prescrizione, lasciando un unico episodio ancora giuridicamente “vivo”.
di Monia Settimi
A restare aperto è solo l’attentato del 6 maggio 1996 a Porto Santa Margherita, a Caorle, nel veneziano, dove un ordigno artigianale, nascosto sotto il tappo di una bottiglia, esplose ferendo un infermiere 26enne di Mestre. Un atto che oggi resta l’unico tecnicamente perseguibile tra le decine di episodi che tra gli anni ’90 e i primi Duemila seminavano paura tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.
La perizia chiave, affidata a Giampietro Lago, ex comandante del Ris di Parma, e a Elena Pilli, antropologa forense, ha l’obiettivo di stabilire se il DNA rilevato su alcuni reperti corrisponda a quello di una delle 11 persone iscritte nel registro degli indagati dopo la riapertura dell’inchiesta nel 2023. La scadenza era fissata per il 24 maggio, ma i periti hanno chiesto – e ottenuto – una proroga.
Ora si attende l’esito di un’analisi che potrebbe finalmente fare luce su uno dei casi più misteriosi e irrisolti della cronaca italiana.
Last modified: Maggio 23, 2025